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Val Ponci: un archeotrekking tra ponti romani e antri segreti

Avete mai pensato di poter fare un’esplorazione nella natura e ritrovarvi invece a fare un viaggio nel tempo? Ecco, in realtà nemmeno io mi sarei aspettata che sarebbe andata a finire in questo modo: o meglio, i presupposti e le idee c’erano ma poi il bello dell’avventura sta proprio nella improvvisazione.

Domenica 7 marzo 2021 è stata una di quelle giornate che hanno già tutto l’aspetto delle classiche giornate primaverili, quelle in cui cioè le ore di luce sono sempre di più e le temperature cominciano a farsi miti. Partiamo quindi dalla località Verzi, presso Finale Ligure, punto di riferimento mondiale di climbers ed escursionisti, con l’idea di fare un semplice trekking di meno di 8 km: non sarà così ma tutti i chilometri, i passi in più e tutte le deviazioni fatte sono energia vitale di cui non mi pento.

La macchina viene lasciata in un parcheggio non lontano dalla chiesa di Verzi, anche se poi scopriamo che ci sarebbe stato il parcheggio quasi 3 km dopo, all’inizio della Via Iulia Augusta, ovvero l’itinerario che avremmo dovuto percorrere. Incuranti di questo dettaglio, e già riscaldati dalla camminata, troviamo subito il primo ponte romano: il Ponte delle Fate. Dopo un agriturismo, si prosegue a nord lungo la valle del rio Ponci, raggiungendo quindi il secondo ponte, il Ponte Sordo (crollato) ed in breve il Ponte Muto, molto ben conservato.

Dopo aver letto i cartelli posti in prossimità di questi siti, scopriamo che al successivo bivio, sulla sinistra avremmo potuto proseguire lungo la Via Iulia Augusta, che nel frattempo ci stava regalando bellissimi scorci e che era davvero un piacere percorrere lungo l’antica mulattiera, a destra invece si poteva raggiungere l’Antro delle Manie, al di sotto di una trattoria molto caratteristica e frequentata.

Non possiamo quindi che scegliere questa seconda via, che in breve ci lascia gli antichi romani alle spalle, per catapultarci ancora più indietro nel tempo: siamo quindi a contatto con i resti di una antica caverna in cui aveva vissuto l’uomo di Neanderthal. È davvero affascinante e, a tratti molto toccante e suggestivo, calpestare il terreno su cui avevano mosso i passi gli antichi antenati, ma ancora di più poter vedere cosa veniva fatto al suo interno, con tracce di utensili e costruzioni usate probabilmente per alcune forme di agricoltura. Mi commuovo di fronte all’imponente rampicante che, incurante dei tempi trascorsi, avvolge l’antro e accompagna i visitatori.

Dopo questa deviazione, mi sento più leggera e sono felice e grata per questo regalo inaspettato.

Ritorniamo quindi sulla via Iulia Augusta e proseguiamo lungo questa antica strada, alla ricerca degli ultimi due ponti romani fino ad arrivare fino al Colle del Magnone. Sorpassiamo dunque il Ponte dell’Acqua, in località Cà du Puncin e poi il Ponte Magnone, largamente crollato e solo a tratti mantenuto.

A questo punto, è arrivato il tempo di ricaricare le batterie, perché sulla lista c’è un ultimo obiettivo che richiede energie: non percorrere interamente la strada dell’andata ma fare un piccolo anello, raggiungendo la cima della Rocca degli Uccelli. Seppur stiamo parlando di altezze molto moderate, che farebbero sorridere i vari frequentatori di montagna, questo territorio non deve essere sottovalutato. Come si abbandona infatti la più trafficata Via Iulia, ci si ritrova immersi nella giungla dell’altopiano delle Manie: un ambiente che, se preso sottogamba, può rivelarsi più impervio dell’imprevisto. Non è un caso che ci fermiamo a dare una indicazione a dei signori che volevano raggiungere il Colle del Magnone, in direzione opposta alla nostra, che finiamo per perdere traccia del sentiero, diventando dunque un percorso fatto di rami tagliati e spine attaccate ai vestiti. Ma non vi preoccupate, nulla di esagerato, solo per dirvi di prestare attenzione massima, perché le Manie non perdonano, neppure a poco più di 300 m slm, e fanno presto a trasformarsi in un labirinto.

In ogni caso, recuperato presto il sentiero, grazie alla traccia GPS sullo smartphone, raggiugiamo in breve la Cappelletta di Portio, nascosta dagli arbusti, e cominciamo dunque l’ultima salita fino alla vetta della Rocca. Qui, ad attenderci, un ulteriore spettacolo che ci lascia attoniti e senza parole: il diedrone della Rocca degli Uccelli emerge prepotente, con tutta la sua imponenza, ed un senso di vertigini mi assale. Penso a tutti quei climbers, che per decine di anni si sono susseguiti su quella roccia, con la loro leggiadria e la loro leggerezza a compiere quei gesti e quella danza, che li avrebbe portati al suo vertice più alto. Non ho la fortuna di assistere ad un suo tentativo di salita, perché ora la falesia è interdetta per nidificazione ma d’altronde il suo nome non può che celare il significato nascosto.

Il tempo di immortalare il magico panorama ed è subito il momento di riprendere la marcia: le giornate si allungano ma non voglio rischiare di dover usare la frontale dentro le Manie! La strada per il ritorno prosegue dunque per un sentiero che ci riporta al quarto ponte romano, quello dell’Acqua e, dopo un pò, accelerando il passo sulla mulattiera, raggiungiamo di nuovo il parcheggio da cui tutto è iniziato.

Al termine di questa avventura, posso dire che quando si parte per una escursione nel Finalese, si è già fortunati, se poi si ha la possibilità di vivere un archeotrekking, un vero e proprio cammino a ritroso del tempo, tra le bellezze storico-culturali del nostro territorio, allora torni davvero a casa con il cuore pieno di gioia e con l’entusiasmo di ripartire presto, alla ricerca di nuove meraviglie da scoprire!

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