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Fuga sulle Dolomiti tra velocità e lentezza

Anno nuovo, vita nuova.

Anzi no. In effetti, non vorrei cambiare niente di tutto quello che ho vissuto nel 2021.

Certo, non ho viaggiato fuori dall’Italia, non ho camminato lungo il Cammino di Santiago o la Rota Portoghese, non sono riuscita a percorrere un intero cammino da pellegrina, però di soddisfazioni e di avventure ne ho avute tante.

Ed allora comincio carica questo 2022, pensando all’appena concluso dicembre, in cui sono salita due volte sulle Dolomiti.

Occasioni molto diverse, in cui ho introdotto emozioni, sensazioni ed attività distanti tra loro, il tutto condito da polenta, canederli, bombardini e piatti tipici. D’altronde si sa, sul cibo trentino non si discute, e qualunque fervore tu abbia, il food sarà sempre l’elemento che metterà tutti d’accordo.

Torniamo all’outdoor ed allo sport.

Se intorno alla metà di dicembre ho rindossato di nuovo gli scarponi da sci e sono volata sul Sellaronda Tour, tra i passi Pordoi, Gardena, Campolongo e Sella, a fine mese ho goduto di una montagna più lenta, più restia, tra ramponcini e ciaspole.

Non posso dire a priori cosa sia meglio: ogni volta che mi trovo all’aria aperta respiro magia e felicità.

Da una parte l’ebbrezza della velocità, in un turbinio di piste e di curve, su tratti più semplici ma anche complessi. Qui hai la possibilità di esplorare in fretta, con il vento in faccia che ti commuove gli occhi, creando confusione nel capire se il pianto è causato dallo stupore oppure da altro.

Il muoversi rapido apre scenari sempre nuovi e spettacolari.

Se hai la fortuna di poterti spostare tra vallate, collegate tra loro come lungo il Sellaronda, allora davvero non ti annoi mai.

Poi però emerge l’esploratrice che è in me e questa volta sciare non è più come due anni fa. Mi fermo spesso ad osservare il panorama.

Rimango impietrita all’uscita dal Passo Campolongo, quando intravedo di nuovo il monte Civetta, e, di colpo, ricordo tutta l’emozione che ho provato nei mesi estivi.

È un vivere lo sci diversamente. Non più solo brividi, lamine ed adrenalina, ma bellezza e stupore. Il voler assaporare il fascino di quelle montagne e scoprirne il loro nome, mi rallenta.

Mi perdo ad osservare il Settsass, l’altopiano Pralongià, la Val Mezdì ed il rifugio Boè, cerco il Lagazuoi ed il Falzarego con le loro trincee, mi immagino la Tofane di Rozes nascosta da qualche parte là dietro, emerge il Pelmo con il suo fedele compagno Civetta che lo osserva, ed infine il Sassongher.

Non solo li fisso, ma penso a come ci si potrebbe sentire lassù, con il vento tra i capelli e l’orgoglio e la felicità di avercela fatta. Ripenso a quando la neve scomparirà ed io cercherò un nuovo obiettivo fra quelle meraviglie per provarlo davvero.

Insomma, sci ai piedi, ginocchia e gambe scaldate sulle lamine ma la testa sulle cime di fronte a me. Un concetto di sciata in cui mi ritrovo particolarmente e pregusto quei giorni perfetti, incorniciati da condizioni meteorologiche a dir poco perfette.

D’altra parte, il ritorno sulle Dolomiti dopo la pausa natalizia, mi ha offerto una diversa visione.

Non più il fragore di sciatori tutti in fila per prendere la seggiovia ma il silenzio più completo.

Il nulla. Il candore. Il bianco luminoso. Il profumo di bosco, gli occhi pieni di verde.

Per questo breve soggiorno, sono basata a Canazei, in Val di Fassa, e qui scelgo per prima una classica salita. La Val Duron. Per quanto anni fa forse non avrei trovato molte persone, l’ultimo giorno dell’anno risulta invece abbastanza trafficata, ma non per questo meno affascinante.

Un percorso semplice, evergreen, con un cambio da ciaspole a ramponcini per la presenza di neve ghiacciata più che fresca. Forse, l’unico difetto è la costante ombrosità che non dà pace alla vallata con il sole basso di dicembre. Il solo lato negativo, sul serio. Perché tutto il resto è perfetto: i Denti di Terrarossa sullo sfondo benedicono e proteggono quel luogo ancora così silenzioso rispetto alle piste da sci, ma non più così sconosciuto anche nella versione invernale.

Il dì successivo invece l’adrenalina e la tensione si affiancano alla bellezza. Il primo giorno dell’anno, mentre per strada incontri persone tutte con lo sguardo sospeso nel vuoto dopo la notte di baldoria, imbocchiamo la strada che da Canazei che procede verso Penia. Qui, sulla sponda del torrente dove si trovano gli impianti per Belvedere ed il Ciampac, parte una strada nel bosco.

Le indicazioni da seguire sono il sentiero CAI n°605. Destinazione Rifugio Castiglioni presso la Diga Fedaia, a quota 2055 m, dopo un dislivello positivo di 600 m. Di per sé non sembrano molti ma la mancanza di traccia, il sentiero ad un certo punto scomparso nel nulla, scale verticali (anche piuttosto scivolose), sicuramente l’hanno resa una delle avventure più provanti ed istruttive degli ultimi tempi.

Se ripenso però a posteriori alla gita, quando ormai ero al sicuro ed al caldo rigenerante del rifugio, con un piatto fumante di uova, speck e patate saltate davanti ad i miei occhi, allora ricordo con meraviglia ed orgoglio, anche tutto ciò che di fantastico e di emozionante ho visto, avendo percorso e camminato lentamente lungo le pendici della Marmolada.

Tratti con copiosa neve sui massi, sugli alberi, impronte di volpi e lepri, rendono il paesaggio più simile a Narnia rispetto ad una qualsiasi pista di sci alpino, su cui invece conta solo la velocità e la curvatura delle lamine.

Di tutto questo incanto e stupore mi meraviglio ogni giorno di più e forse non me ne stancherò mai.

Al contrario, diventano sempre più una droga positiva e necessaria per il mio corpo, la cui astinenza provoca uno stato di insoddisfazione ed incompletezza.

Nel momento in cui i miei piedi toccano la terra, il corpo si mette in moto, e gli occhi si perdono nei colori della natura, allora magicamente tutta l’armonia con l’universo si riaccende e mi riscalda.

Insomma, queste fughe sulle Dolomiti, ugualmente bellissime, piene di gioia e di vita, mi hanno davvero permesso di riflettere sulle emozioni che si provano a seconda dei diversi contesti.

Non sono sicura di aver trovato una risposta definitiva sulla mia preferenza, ma so di certo che continuerò a muovermi ed esplorare, per vivere nuovi momenti da conservare nel mio cuore.

E tu, di quale squadra sei? Velocità o lentezza?

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