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L’intelligenza emotiva

Tutti noi siamo esseri sensibili, proviamo emozioni e abbiamo sentimenti. Eppure che cosa sappiamo di questa componente così importante della nostra vita?

Da Newton in poi ci siamo concentrati soprattutto sulla conoscenza del mondo fisico e della sua meccanica: grazie allo sviluppo del pensiero scientifico, l’uomo ha raggiunto un notevole grado di dominio sulla natura e si è emancipato da secoli di superstizione. E’ comprensibile dunque che la conquista di un maggiore controllo sul mondo, abbia creato nel genere umano una fiducia incondizionata nella scienza.

La moderna medicina, grazie a scoperte che hanno consentito di debellare malattie millenarie, continua a mantenere come unico campo di osservazione l’applicazione delle proprie scoperte a tutto ciò che è misurabile e irripetibile. I grandi progressi in campo medico hanno involontariamente forzato una visione riduzionista e meccanicista della natura umana. E’ per via di questa visione che quando oggi andiamo dal medico per sapere come stiamo, controllerà il battito cardiaco, misurerà la pressione sanguigna, ordinerà eventualmente ulteriori accertamenti e, dopo averne letti i risultati, ci dirà che siamo in salute oppure no e ci prescriverà una terapia farmacologica. La medicina prende in esame i nostri sintomi, potrà anche in buona parte curarle ma raramente riuscirà a spiegare bene perché ci siamo ammalati, quando e perché questa o quella data malattia si è manifestata e perché, a parità di condizione, colpisce qualcuno e risparmia un altro.

La tecnologia si è rivelata in grado di ridurre tutta la complessità del comportamento umano ad algoritmi, capaci di misurare i nostri atti e fare predizioni sulla complessità del nostro essere attraverso statistiche.

Un mondo senza emozioni e sentimenti, e soprattutto un mondo senza coscienza, è destinato alla catastrofe, qualcosa a cui siamo già pericolosamente vicini. Dobbiamo prendere atto che il pensiero scientifico e tecnologico, per quanto fondamentale, riguarda soltanto una parte ancora molto limitata della conoscenza e comprendere il mondo anche attraverso quello che sentiamo, con una nuova intelligenza emozionale. Abbiamo una coscienza che partecipa alla nostra condizione di salute e alla creazione di un ecosistema più favorevole, nel quale vivere e progredire con soluzioni di convivenza sostenibile.

Preso atto di come va il mondo quando è governato esclusivamente dalla visione materialistica, non possiamo che tornare a dare il giusto valore a questa componente intangibile delle nostre vite: le emozioni dovrebbero essere considerate una risorsa preziosa, un vero e proprio codice di orientamento per le scelte nostre.

Per invertire una rotta che ci sta conducendo verso il declino in quasi tutti gli ambiti fondamentali della nostra esistenza, occorre fare un salto evolutivo: il passaggio alla nuova dimensione di coscienza, che consideri la buona salute emotiva delle persone, delle comunità, dei popoli, delle nazioni come una priorità.

Nell’Agosto del 2019, le principali aziende nord-americane hanno sottoscritto un documento rivoluzionario, nel quale si afferma che la soddisfazione degli azionisti non può più essere l’unico obiettivo dell’orientare le decisioni e le politiche aziendali. Al profitto vanno affiancate l’attenzione alle condizioni di lavoro e di salute dei dipendenti, insieme alla valutazione dell’impatto delle scelte aziendali sulla comunità e sull’ecosistema. E’ il segno di un cambiamento epocale, che apre un nuovo senso di responsabilità.

Guardare dentro noi stessi e la strada migliore per creare il mondo che vogliamo.